Come era prevedibile, la recente nomina ad assessore regionale alla Salute del dottor Rocco Palese, personalità di indubbio spessore sotto ogni profilo, ha scatenato veementi polemiche legate al passato politico del neoassessore.
Tra queste polemiche, colpisce in particolare quella che intravede in questa nomina una sorta di “riabilitazione” postuma del piano di riordino ospedaliero varato dalla giunta regionale pugliese nel 2002, all’epoca presieduta da Raffaele Fitto e di cui Rocco Palese fu assessore al Bilancio ma con un ruolo centrale nella programmazione sanitaria. Un piano di riordino ospedaliero, quello del 2002, in verità mai ricusato da chi allora lo approvò, e che ha continuato a rappresentare, in questi 20 anni, una sorta di linea rossa tra gli opposti schieramenti politici regionali.
Cercando di andare oltre la polemica politica che, come un fiume carsico, riappare ed influenza il dibattito pubblico, forse è più utile guardare a quella questione con un approccio più critico e distaccato, dato che da allora sono passati 20 anni ed il contesto nel quale fu adottato quel piano non è per niente paragonabile a quello degli anni successivi. Il riordino ospedaliero del 2002 costituì infatti parte rilevante del piano regionale di salute 2002-2007, primo ad essere approvato dalla Regione Puglia il cui obiettivo principale era quello di ridurre le macroscopiche diseconomie del sistema sanitario regionale dell’epoca e di assicurare servizi più congrui ai bisogni dei cittadini pugliesi. Per questo, il disegno strategico del piano si basava sulla riduzione dei posti letto in eccesso per specialità rispetto agli standard dell’epoca mediante l’accorpamento dei reparti ospedalieri considerati meno “produttivi” ovvero con meno ricoveri; parte integrante di questo disegno erano la attivazione del 118 e di centri ospedalieri di alta specialità, il potenziamento dei distretti sanitari sul territorio, la attivazione delle residenze sanitarie assistenziali (RSA) in mancanza di servizi e strutture alternativi al ricovero ospedaliero.
Tali obiettivi, di per sé condivisibili, furono realizzati in maniera che a volte sembrò contraddittoria e asimmetrica. Da una parte, i provvedimenti di chiusura e accorpamento ini poli medici e chirurgici, che tanto fecero discutere, furono visti come premio o penalizzazione a seconda della vicinanza politica delle amministrazioni locali a quella regionale (anche se va ricordato che l’ospedale di Maglie, città natale del presidente della regione, venne di fatto accorpato). Dall’altra, le chiusure degli ospedali erano molto più rapide della attivazione di nuovi servizi territoriali e questo, al di là delle polemiche politiche, accentuava la percezione di una deprivazione dei servizi in alcuni territori. Parte rilevante in quel piano ebbe anche la chiusura di numerosi punti nascita, decisione di grande impatto emotivo sulla popolazione e per questo paragonabile a benzina sul fuoco della polemica politica.
Cosa rimase di quel piano di riordino ospedaliero negli anni successivi, coincisi peraltro con un cambio nella direzione politica regionale attribuito, a torto o a ragione, a quella decisione così impopolare? Per obiettività si deve ricordare che la rete ospedaliera regionale fu sottoposta ad una ulteriore dieta dimagrante che nei 10 anni successivi portò alla chiusura di altri 20 ospedali pur di fare rientrare il numero totale dei ricoveri nello standard nazionale. Si evidenziò infatti che i primi 10 ospedali pugliesi di fatto assicuravano l’80% dei ricoveri necessari e si procedette a disattivare altri punti nascita per allinearsi agli standard nazionali. Fino al 2012 la linea programmatica regionale è stata quella di procedere ad un ridimensionamento quantitativo della rete ospedaliera (dal 2002 ad oggi si perderanno circa 4000 posti in esubero) per adeguarsi agli standard nazionali, sia pure nel quadro di un potenziamento effettivo dell’assistenza sul territorio grazie anche alla attivazione delle residenze sociosanitarie (RSSA) che si aggiungevano alle RSA di precedente istituzione. Solo nel 2014 compare sulla scena politica l’elemento nuovo e qualificante, ovvero la programmazione dei nuovi ospedali (Taranto, Monopoli-Fasano, Andria, Maglie-Melpignano, Bari nord) destinati a sostituire poco meno di 10 strutture attualmente in attività, e ai quali vanno aggiunti l’Ospedale della Murgia e il DEA di Lecce, di recente entrati in esercizio.
Questa programmazione assume ulteriore importanza alla luce del D.M. n. 70/2015 che stabilisce i criteri standard validi su tutto il territorio nazionale per la costruzione delle reti ospedaliere regionali e da cui derivano i vigenti provvedimenti regionali, recentemente modificati a causa della necessità di garantire ulteriori posti letto per fronteggiare l’emergenza pandemica. Concludendo la vera priorità oggi è dedicarsi seriamente alla attivazione dei nuovi ospedali e al completamento della rete ospedaliera, lasciando cadere polemiche davvero anacronistiche che guardano al passato e non permettono di affrontare le sfide del presente.