La situazione economico-finanziaria del Servizio Sanitario pugliese è stata recentemente oggetto di approfondimento presso il Ministero dell’Economia, laddove è stato certificato che la regione Puglia non ha ancora superato la fase del programma operativo, ovvero quella sorta di limbo nel quale si trovano le regioni non più sottoposte a controllo statale in materia di bilancio della sanità come è stata la Puglia dal 2010 al 2015 (c.d. “piano di rientro”), ma che non hanno ancora riconquistato la necessaria autonomia decisionale poiché in ritardo nel raggiungimento di alcuni obiettivi. Nel caso specifico questo ritardo è stato evidenziato a proposito del contenimento della spesa farmaceutica ospedaliera, ancora fuori linea rispetto ai livelli concordati in Conferenza Stato-Regioni.
Oltre a questo storico fardello, il bilancio della sanità pugliese si porta dietro il conto lasciato dalla pandemia, condividendo questo ulteriore sbilanciamento con tutte le altre regioni italiane che hanno fatto registrare senza distinzioni, da una parte, un calo della produzione di prestazioni ambulatoriali e di ricovero dovuto alla minore disponibilità di accesso alle prestazioni a causa del rischio di contagio, dall’altro, un aumento di costi non ancora ripianato dallo Stato nonostante il significativo incremento del Fondo sanitario nazionale, che sarà salito di circa 2 miliardi di euro dal 2019 al 2024. In questo quadro economico non fanno testo le risorse europee derivanti dal PNRR poiché esse finanziano interventi vincolati alla realizzazione di specifici obiettivi e non certamente la spesa corrente, interventi che la Giunta Regionale ha ben condensato nella delibera n. 134 del 25 febbraio 2022, mettendo a fuoco lo sviluppo della rete sanitaria territoriale ed ulteriori investimenti tecnologici.
La Regione Puglia gioca dunque una triplice partita sul piano economico-finanziario in materia sanitaria, con diversi obiettivi: riportare in pareggio la gestione corrente lavorando prevalentemente sui conti della spesa farmaceutica, tenere il punto nei confronti dello Stato insieme con le altre regioni per il ripiano dello sbilanciamento economico post-pandemico, attuare il programma di investimenti europei indotti dal PNRR. Per quanto riguarda il primo obiettivo (spesa farmaceutica), spetta ovviamente ai livelli regionali competenti l’analisi della situazione specifica e la individuazione degli ulteriori correttivi da apportare soprattutto nei settori più esposti quali la spesa per farmaci oncologici e tutto il capitolo dei dispositivi medici, da sempre punti deboli nel governo della spesa farmaceutica ospedaliera. Per quanto riguarda il ripiano dello sbilanciamento economico indotto dalla pandemia, che tra l’altro continua a dispiegare i suoi effetti visto l’andamento dei contagi, è chiaro che si è aperta una grossa faglia nel rapporto tra lo Stato e le Regioni, in un periodo reso ancora più difficile dalla necessità di investire risorse pubbliche per fronteggiare le conseguenze della guerra in atto in Ucraina (caro energia, aumento spese per la Difesa).
Questo significa che, a invarianza di spesa sociale, difficilmente potranno essere stanziate ulteriori risorse pubbliche per ripianare il conto sanitario della pandemia, stimato in circa 4 miliardi di euro a livello nazionale (per la Puglia vale alcune centinaia di migliaia di euro) e destinato a crescere ulteriormente quanto meno per neutralizzare gli effetti sui cittadini in termini di recupero di prestazioni non erogate, oltre che tutti i costi legati al reclutamento straordinario di personale, alle spese per la campagna vaccinale, alle spese per adeguamento della rete ospedaliera COVID nazionale.
Che fare dunque? Escludendo di utilizzare somme derivanti dal PNRR, cosa che tra l’altro la UE di certo impedirebbe, forse sarebbe il caso di riprendere in considerazione un argomento tabù, ovvero il ricorso al MES (meccanismo europeo di stabilità), uno strumento finanziario sovra-nazionale, di fatto un prestito a interessi concorrenziali rispetto agli interessi sul prestito sovrano, da impiegare esclusivamente per il ripiano dello sbilanciamento economico-finanziario del servizio sanitario nazionale causato dalla pandemia. Una boccata di ossigeno che consentirebbe allo Stato e alle Regioni di affrontare la difficile congiuntura recuperando i livelli di attività perduti negli ultimi due anni e di riassorbire gradualmente i maggiori costi affrontati nell’ambito di una gestione corrente che deve essere resa una volta per tutte appropriata e sostenibile. Soprattutto, una soluzione che non comprometterebbe il piano sanitario finanziato dal PNRR, la cui stessa attuazione è uno strumento utile a migliorare la appropriatezza e la sostenibilità del servizio sanitario pubblico.