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La legge sulla autonomia differenziata e i suoi effetti in sanità: che cosa chiedono le Regioni (Pt.3)

9 Agosto 2024

Come è noto, le Regioni che finora hanno chiesto di accedere a spazi di autonomia differenziata in sanità, ai sensi dell’articolo 116, terzo comma, della Costituzione(1) , sono l’Emilia-Romagna, la Lombardia e il Veneto.  Analizzando in maniera sinottica il quadro delle maggiori autonomie richieste dalle suddette Regioni(2)  sulla tutela della salute, si può verificare che le richieste maggiormente sensibili riguardano in particolare le seguenti macro-aree:

  • superamento dei vincoli della spesa per il personale(3) ;
  • maggiore flessibilità nei rapporti con le Università allo scopo di concordare maggiori spazi nelle scuole di specializzazioni e poter avvalersi dei Medici Specializzandi per coprire i vuoti di organico(4) ;
  • maggiore autonomia nella gestione del sistema tariffario e dei rimborsi agli Enti accreditati e possibilità di istituire fondi sanitari integrativi, limitatamente ai cittadini residenti;
  • previsione di norme ed incentivi contrattuali integrative ai contratti nazionali, specie in riferimento alla libera professione intra-moenia;
  • politiche del farmaco e intese con AIFA.

Una prima impressione è che, se tali forme di autonomia differenziata fossero effettivamente concesse a fronte della erogazione di risorse aggiuntive rispetto a quelle del FSN (le famose entrate fiscali trattenute dalle Regioni), l’esito sarebbe quello di dover abbandonare completamente l’idea e la missione del Sistema Sanitario Nazionale così come finora lo abbiamo conosciuto, perché si affermerebbero tante realtà regionali completamente diverse tra loro per ciò che attiene l’erogazione delle funzioni sanitarie. Aumentare gli spazi assunzionali per le Regioni che già oggi possono contare su uno standard ottimale nel rapporto Personale sanitario/residenti, consentire loro di finanziare in maniera integrativa istituti propri della contrattazione nazionale, immaginare un sistema di rimborso tariffario premiale per gli erogatori di prestazioni ambulatoriali e ospedaliere, finanziando il tutto con le risorse fiscali trattenute dalle Regioni richiedenti, sarebbe gravido di conseguenze nefaste. Non è difficile immaginare come questa strada in breve tempo condurrebbe alla disgregazione socio-economica del Paese, facendo trionfare le diseguaglianze territoriali e le macroscopiche discrepanze già oggi esistenti tra le diverse Regioni. Assurda sembra poi la richiesta delle Regioni di potere a loro volta autonomamente richiedere ad AIFA di stabilire la equivalenza dei farmaci (un farmaco equivalente lo sarebbe solo in quella Regioni?) mentre le richieste finalizzate alla gestione della distribuzione appaiono già oggi contemplate dalla vigente legislazione, o tuttalpiù, potrebbero essere introdotte per via ordinaria senza sconvolgere il quadro unitario delle politiche del farmaco, così come tante altre richieste specifiche. Detto ciò, occorre urgentemente una riflessione sull’impatto che tali spazi di autonomia differenziata, se effettivamente riconosciuti, avrebbero sulla tutela della salute dei cittadini interessati, proprio perché il contrasto a questa forma di autonomia differenziata non deve e non può trasformarsi in una contrapposizione tra cittadini italiani appartenenti alle diverse regioni. Il contrasto a questa forma di autonomia differenziata deve nascere anche dalla consapevolezza che essa non inciderebbe sulla tutela della salute effettiva dei cittadini lombardi, veneti, emiliano-romagnoli. Essa invece, se portata all’estremo compimento a discapito della sostenibilità finanziaria complessiva del sistema-Paese (con tutte le conseguenze dannose per il sistema economico e produttivo, soprattutto delle Regioni in prima linea a richiedere autonomia), porterebbe certamente un surplus di risorse nelle Regioni interessate, ma queste di fatto sarebbero riversate alle strutture accreditate e ai professionisti, per consentire loro di continuare a fare quello che già fanno, però in condizioni più remunerative.  E’ necessario quindi lavorare per fermare questa deriva, tenendo conto del fatto che le richieste di autonomia differenziata in sanità, al netto dell’evidente sapore politico del provvedimento, nascono da esigenze concrete che riguardano tutte le Regioni italiane. La risposta a queste esigenze non può essere affidata a un provvedimento ideologico che lacera il Paese, ma deve nascere in un quadro di sistema, nel quale lo Stato deve riaffermare concretamente il valore della Sanità Pubblica, e tutte le Regioni, a partire da quelle del sud, devono assumersi le loro responsabilità verso i cittadini (continua).

(1) L’art. 116, terzo comma, della Costituzione, prevede la possibilità di attribuire alle Regioni a statuto ordinario “ulteriori forme e condizioni particolari di autonomia sulla base di una intesa tra lo Stato e le Regioni che ne facciano richiesta”. Firmata l’intesa, al Governo spetta formulare il relativo Disegno Di Legge di ratifica che dovrà quindi essere approvato dalle Camere a maggioranza assoluta, senza alcun tipo di coinvolgimento delle altre Regioni.

(2) A tale scopo è molto utile consultare il Report Osservatorio GIMBE, “L’autonomia differenziata in Sanità”, 2/2024, Marzo 2024.

(3) La norma di riferimento in tal senso è costituita dall’art. 17, comma 3-bis, del decreto legge n. 98/2011, tesa alla riduzione della spesa per il personale delle aziende ed enti del SSN.

(4) Tale questione è stata di fatto affrontata a livello nazionale con la approvazione del D.L. n. 150/2020 e s.m.i. (c.d. “Decreto Calabria”), contenente misure straordinarie a sostegno della emergenza sanitaria della Regione Calabria, il quale consentiva l’assunzione di medici specializzandi in Calabria, prassi ben presto estesa all’intero territorio nazionale. E’ inoltre il caso di evidenziare che la normativa attuale già consente alle Regioni di finanziare borse di studio aggiuntive per le scuole di Specializzazione sul territorio di competenza nonché di assegnare finanziamenti dedicati al sostegno di Corsi di laurea in Medicina

Posted in Servizio sanitario