Riflessioni a margine della lettura di
“Una banale influenza? Storia di una malattia sottovalutata”, di Massimo Galli
Il volto di Massimo Galli è diventato popolare per il grande pubblico in occasione della pandemia Covid-19. Durante quel periodo, la scena pubblica era infatti dominata da esperti a vario titolo interpellati per cercare di interpretare, spiegare, prevedere gli eventi connessi a quella drammatica situazione. Massimo Galli fu tra i protagonisti di quell’epoca ancora molto vicina nel tempo, sebbene sempre più oggetto di una (inconsapevole?) rimozione. Clinico infettivologo e storico punto di riferimento della sanità milanese, erede della migliore tradizione di medicina sociale ambrosiana, ovvero una medicina attenta ai fenomeni sociali ed epidemiologici ed epigona della cultura illuministica che permeava i codici napoleonici di sanità pubblica, Massimo Galli ci ha recentemente consegnato un’opera che è saggio di storia della medicina, divulgazione e saggio scientifico, appunto “Una banale influenza? Storia di una malattia sottovalutata”, edita da Cortina Editore.
Si tratta di un’opera sorprendente che ricostruisce la storia dell’influenza a partire dagli albori della civiltà umana e dalla età ippocratica, sia in senso diacronico fino ad arrivare ai nostri giorni, sia in senso sincronico poiché in grado di descrivere la capacità della malattia di provocare epidemie e pandemie. Con l‘approccio dell’acuto osservatore epidemiologico, l’Autore scandaglia tutte le fonti epidemiologiche disponibili nel corso della storia, dalle cronache medioevali e tardo-rinascimentali fino ai “registri dei morti” di meneghina memoria, queste ultime fonti epidemiologiche “quantitative” e re-interpretate dall’Autore nei contesti epidemiologici e storici di riferimento come espressioni epidemiche della malattia influenzale. Nella lettura diacronica del fenomeno morboso, il prof. Galli testimonia l’enorme sforzo compiuto dalla scienza medica per fornire una spiegazione eziopatogenetica attendibile della capacità di questo fenomeno morboso di colpire intere comunità e di diffondersi velocemente, lasciando una scia di morti sempre più evidente. Dalla presunta “influenza” di misteriosi fattori sconosciuti presenti nell’aria (da cui il nome della malattia che resiste nei secoli) al riconoscimento della origine microbiologica e virale reso possibile dall’avanzamento delle scienze di base, il racconto dell’Autore è una macchina del tempo che ci trasporta attraverso un viaggio nella storia della medicina e della società, dal quale ricaviamo le informazioni che servono a fornire la risposta alla domanda che ne intitola l’opera. Innanzitutto la globalizzazione, fenomeno che in molti incute una strana inquietudine ma che fotografa la realtà nella quale siamo immersi: commerci, guerre (come dimenticare la terribile “spagnola” diffusa durante la prima guerra mondiale nel 1918 dai soldati americani giunti in Spagna e i suoi due milioni di morti?), fino alla mondializzazione economica come la conosciamo oggi, l’Autore ci dimostra, seguendone le tracce, che in pochi giorni un virus comparso a Shangai è in grado di diffondersi in tutti i continenti come del resto il Coronavirus del Covid-19 ha dimostrato di saper fare. Le specie animali serbatoi ed ospiti intermedi dei virus influenzali fino a causare il contagio umano: dal cavallo, amico dell’uomo nell’antichità fino al maiale diventato fonte pandemica soprattutto per le inaccettabili condizioni di sovraffollamento degli allevamenti; gli uccelli selvatici e domestici, fonti pandemiche di influenza aviaria ben conosciute, capaci di fare il salto di specie e di infettare pericolosamente l’uomo.
La biologia molecolare e l’immunologia, che permettono di conoscere l’intima struttura dei virus influenzali responsabili di epidemie e pandemie: con una chiave di lettura sorprendente anche per il lettore più esperto, l’Autore dimostra che la storia dell’influenza è la storia di un continuo riassortimento genetico degli antigeni virali H ed N, quindi di una continua modificazione dell’assetto genetico che fa di questo virus un eterno mutante di se stesso in grado di lasciarsi dietro la scia mortale delle complicanze polmonari e cardiache, responsabili della elevata mortalità soprattutto nei soggetti più fragili. Infine la prevenzione vaccinale, arma potente per la tutela della salute pubblica e individuale, ma spesso spuntata per la scarsa aderenza della popolazione quando non addirittura degli stessi operatori sanitari, per cui spesso l’influenza è ancora una malattia sottovalutata. Insomma, dopo la lettura di questa opera così completa e coinvolgente, la risposta alla domanda iniziale dell’Autore non può che essere: no, non è solo una banale influenza, e a tutti noi il compito di non sottovalutarla mai più.