L’impatto delle infezioni da Sars-Cov-2 e della efficacia vaccinale, descritto nel “Report esteso” dell’Istituto Superiore di Sanità del 26 gennaio 2022 (www.epicentro.isss.it) evidenza che il sensibile aumento dei ricoveri in reparti medici e di terapia intensiva, registrato nelle scorse settimane, ha interessato quasi prevalentemente pazienti non vaccinati e, in quota minore ma in crescita, pazienti in età pediatrica. Inoltre, in quota ancora inferiore, i ricoveri hanno interessato soggetti privi di terza dose e soggetti fragili ancorché vaccinati.
Il rapporto conferma come la mancanza di una copertura vaccinale è la causa del maggiore rischio di malattia grave e di conseguente mortalità nei non vaccinati rispetto ai vaccinati incompleti e ai vaccinati con dose di rinforzo, la cui protezione rispetto a queste gravi conseguenze risulta invece elevatissima. Questa grave emergenza epidemiologica deve indurre senza esitazioni ad adottare strategie a brevissimo termine di sanità pubblica per porre un argine definitivo alle gravi conseguenze della pandemia. I
Il tutto senza trascurare le vittime collaterali, ovvero il personale sanitario che, pur sottoposto obbligatoriamente a vaccinazione con dose di rinforzo, sta subendo una esposizione professionale il cui rischio risulta rafforzato proprio a causa della carenza di protezione immunitaria dei soggetti non vaccinati che si rivolgono ai servizi sanitari.
È quindi necessario andare avanti con determinazione per ridurre il più possibile la platea dei non vaccinati adulti, senza dimenticare di rimuovere le residue riserve sulla vaccinazione alle donne in gravidanza. Ben venga quindi l’estensione generale dell’obbligo vaccinale con la conseguente assunzione di responsabilità a parte dello Stato in caso di effetti secondari nocivi.
A questo proposito, si cita spesso la legge n.210 del 1992 (che stabilisce il giusto indennizzo per chi ha ricevuto trasfusioni infette), per affermare come sia già previsto un meccanismo giuridico risarcitorio in caso di danno provocato da somministrazione di prodotti nocivi per la salute, in qualche modo attribuibile al servizio sanitario nazionale. Ebbene, si tratta di un esempio assolutamente inappropriato, dal momento che il danno trasfusionale oggetto di risarcimento appartiene ad un’epoca preistorica della medicina, allorquando non essendo conosciuti i danni prodotti da virus responsabili di malattie emo-trasmesse quali epatite B, epatite C, HIV, non erano effettuati i test biologici di validazione dei donatori. Al contrario, grazie al consolidamento dei dati scientifici ed epidemiologici disponibili, oggi non vi può essere più alcuna remora da parte dello Stato nell’affermare la propria responsabilità di rendere obbligatorio il vaccino anti Sars-Cov-2, a fronte dell’immenso beneficio sul piano della sanità pubblica.
Quanti ricoveri e quanti morti avremmo potuto risparmiare con una campagna vaccinale che non avesse ricevuto tanti contrasti e boicottaggi? Quante giornate di malattia in meno avremmo avuto? Quanti costi economici e sociali in meno avremmo dovuto sostenere?
Oggi occorre, da una parte, che lo Stato rompa con decisione il tabù dell’obbligo vaccinale e lo estenda a tutti senza limiti, dall’altra che le Regioni pongano seriamente rimedio all’ormai ingiustificabile difficoltà di accesso alle prestazioni di diagnosi e cura per patologie non Covid, specialmente quelle oncologiche e croniche in generale. Per il primo obiettivo basta una norma; per il secondo obiettivo occorre una strategia più complessa di governo delle liste di attesa che si faccia carico di separare accessi e percorsi ospedalieri, rendere più efficienti i poliambulatori territoriali, usare al meglio la sanità privata accreditata, sostenere il personale sanitario stremato e in difficoltà. Stato e Regioni hanno la responsabilità e le competenze necessarie per portare definitivamente l’intero Paese fuori da un incubo che dura ormai da troppo tempo.